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Ancona: dai Piceni ai giorni nostri

Ancona: dai Piceni ai giorni nostri

Ancona: dai Piceni ai giorni nostri

«La comunità anconitana acquista così un volto attraverso le sue chiese, i suoi fondachi, gli ospedali e i conventi, il lazzaretto e le due sinagoghe, la loggia dei mercanti, il pubblico orologio che “batte le ore”, il carnevale, le donne di via del Paradiso, le forche per appiccar gente e la trave per il supplizio della corda che “sloca le ossa”, le processioni e l’arsenale, i facchini, il ghetto, il Santo Uffizio, la “Misericordia” per la “buona morte”, I “pifferi” che giornalmente precedono gli Anziani (magistrati civili espressi dalla nobiltà cittadina), la libreria di Salvioni e Doni, il Monte di pietà, le porte, gli orti e le fontane, le pestilenze e le carestie, le visite dei grandi personaggi. Montaigne vede Ancona quale “maitresse ville de la Marque”, ricca di “fames […] communement beles” e di “bons artisans”; il Ferretti ne esalta il “così quieto e pacifico vivere” (nonostante “la sua feccia di humana fragilità”) e la modestia di fanciulle e spose, che “non mancano di gravità honesta” e “non troppo largamente mostrano le carni loro”».

Abbiamo voluto iniziare questo articolo con le parole di Sergio Anselmi che introduce uno dei volumi preso dai nostri scaffali e che abbiamo scelto per parlarvi di un’altra importante città portuale dell’Adriatico quale Ancona. Questo ritratto ci presenta la città in un preciso periodo storico e cioè nel Cinquecento, periodo di grande sviluppo e fervore sia da un punto di vista economico che culturale. Questo secolo insieme ai due precedenti sono quelli in cui l’attuale capoluogo marchigiano divenne uno dei porti più attivi di tutto il litorale orientale italiano seconda solo a Venezia che addirittura la convinse a sottomettersi allo Stato Pontificio rinunciando alla propria indipendenza nel 1532. Tale periodo di splendore tuttavia non ha una lunga durata, già a partire dalla seconda metà del secolo ha inizio un lento e graduale periodo di declino che conosce una piccola ripresa sotto il papato di Clemente XII nella prima metà del Settecento grazie alla concessione della franchigia doganale, alla ricostruzione dei moli andati in degrado e alla costruzione del lazzaretto, affidata all’architetto Luigi Vanvitelli.

Ma le origini di Ancona e del suo porto sono in realtà molto più antiche, risalenti al XVI secolo a.c. quando i naviganti sfruttavano il golfo per ripararsi durante le tempeste o per nascondersi dai corsari. Il motivo della lunga storia di questo territorio è da rintracciare proprio nella conformazione fisica a V con due colli che racchiudono la valle al centro. Data tale posizione il porto si sviluppa a forma di settore di cerchio chiuso a destra e sinistra da due moli che lasciano aperta una bocca di circa 400 metri. Il Molo Nord risale all’epoca dell’imperatore Traiano e da lui ha preso il nome; a questo periodo risale anche l’arco di trionfo a lui dedicato, fatto costruire dal senato e realizzato dall’architetto Apollodoro di Damasco. Nel corso del tempo il molo è stato ovviamente ampliato dapprima per volere di Clemente XII per un tratto di 350 metri e successivamente esteso per altri 250 metri. Il Molo Sud ha invece origini più recenti infatti è stato realizzato nel XVII secolo ed è costituito da una semplice scogliera.

Da che cosa deriva invece il nome Ancona? Per spiegarlo bisogna ricordare che i primi insediamenti risalgono all’epoca villanoviana prima e picena poi ma che lo sviluppo del territorio come città portuale è dovuto ai Dori che, salendo da Siracusa, si insediarono qui nel 387 a.c. e fondarono la città dandogli il nome di Ankon che in lingua greca significa appunto gomito e che dunque fa riferimento alla morfologia del territorio.

Oggi Ancona è uno dei porti più importanti in Italia ed è stata al primo posto per quanto riguarda i traffici internazionali [intervista a Luciano Canepa, presidente dell’autorità portuale, pubblicata dal giornale “Il sole 24 ore” del 17/11/2010. Nel 2012 conferma il primatoː Documento della Giunta regionale Marche]. Questa ripresa è stata possibile grazie ai lavori di recupero dei moli, delle banchine e dei cantieri navali necessari dopo le distruzioni causate dalle vicende belliche delle guerre di indipendenza e delle due Guerre Mondiali che fortunatamente lasciarono però intatti sia l’arco di Traiano, sia il Lazzaretto del Vanvitelli.

Di seguito potete trovare l’elenco dei volumi conservati nella biblioteca Titta Bernardini ed usati come riferimento nella stesura dell’articolo:
Ancona tra Oriente e Occidente: il Cinquecento, M. Polverari, Ancona, Amministrazione provinciale, Assessorato al turismo, 1982
L’arsenale dorico: le navi in Ancona in un documento inedito della produzione navale che testimonia l’antica tradizione marinara della città, (testi di) Massimo Morroni, Stefano Luciani, Ancona, Fratelli Aniballi, 1986
La cartografia nautica anconetana: (secoli 15-16), Francesco Bonasera, Cagli, E. Paleani, 1997
Cronache del porto: Ancona, 1860-1940, (a cura di) Glauco Luchetti, Falconara Marittima, SAGRAF, 1986