
26 Lug Le barche dell’Adriatico
«Bucio: voce derivata da Buco, Buzzo, nel senso di Cavità, capace e chiusa, un ventre capace. Dopo la voce barca, è il nome più generale per esprimere ogni maniera di bastimenti.» Abbiamo voluto iniziare questo nostro articolo con la definizione, tratta dal Vocabolario marino e militare di Guglielmotti, del nome antico usato per designare la barca con lo scopo di farvi entrare subito nel vivo del nostro appuntamento. Oggi infatti parleremo di Buchi ed in particolar modo di quelli dell’Adriatico. Un tema non facile da affrontare sia per la sua specificità sia per la vastità della letteratura giunta sino a noi. Per barcamenarsi all’interno di questo “mare magnum” fondamentali sono stati i seguenti volumi:
– Il bragozzo, storia e tradizioni della tipica barca da pesca dell’adriatico, M. Marzari, Milano, Mursia Editore, 1982
– Trabaccoli e pieleghi nella marineria tradizionale dell’Adriatico, M. Marzari, Milano, Mursia Editore, 1988
– Il trabaccolo e la sua gente, Washington Patrignani, Ancona, Ruffo Editore, 1990
– La lancetta e il vecchio ambiente marinaro civitanovese “un mondo scomparso”, Montecosaro, Cassa rurale ed artigianale di Montecosaro, 1982
– Mare Marche, bimestrale di cultura del mare, Ancona, Ruffo Editore, a. 3, n. 10 (1990) settembre-dicembre 1990
Le origini più antiche delle imbarcazioni dell’Adriatico risalgono al XIV-XV secolo e queste venivano comunemente chiamate chocche e carracche o tartane e tartanone come viene spiegato da Marco Bonino nel volume L’arte di costruire: «La cocca costituì il punto di partenza della “rivoluzione nautica”, in quanto introduce nel mediterraneo, all’inizio del Trecento, la vela quadrata alla latina, munita di bolina ed il timone singolo incernierato al dritto di poppa. Inoltre si razionalizzarono le forme e le strutture dello scafo, tanto che a Genova, a Venezia e ad Ancona si costruirono cocche e carracche fino a 800-1000 botti di portata.»
In particolar modo nell’Adriatico con il tempo si definiscono due tipologie di natanti: le barche maggiori quali il trabiccolo e il pielago che erano da altura e le barche minori quali il bragozzo, il banchetto, la lancetta, la batana, il topo, ecc. che erano più piccole e venivano utilizzate per la pesca costiera. Tutte queste tipologie avevano tuttavia una caratteristica comune e cioè erano a fondo piatto perché nell’Adriatico i fondali sono bassi.
In questo breve articolo tenteremo di descriverne alcune dovendo obbligatoriamente operare una selezione rischiando altrimenti di dilungarci troppo nella descrizione di ogni imbarcazione tipica dell’Adriatico. Ci sembra doveroso soffermarci in primis sul trabaccolo che è forse la tipologia più nota a tutti. Si tratta di un veliero da traffico, comparso per la prima volta intorno al XVII secolo chiamato in origine trabaccoletto in quanto aveva una portata piuttosto ridotta, all’incirca di 15-20 tonnellate. Dalla fine dell’800 invece l’imbarcazione si fece sempre più grande e resistente giungendo ad avere una capacità di 100-150 tonnellate. Tali barche venivano realizzate prevalentemente a Pesaro e Cattolica ma anche a Fano ed Ancona, erano rotonde e panciute, avevano un fondo piatto, una prua piena, due vele al terzo e un lungo bompresso, venivano decorate solo a prua con due occhi scolpiti a rilievo e dipinti. Permettevano una navigazione sicura in alto mare ma lenta e veniva usata per viaggi da una sponda all’altra dell’Adriatico. Una variante di questa imbarcazione è il barchetto, più piccolo ed usato dall’inizio del ‘800 per la pesca.
Il pielago invece nacque da modifiche apportate al trabaccolo dovute alla esigenze militari e commerciali che necessitavano di una velocità maggiore. Infatti da una parte i commercianti durante i loro viaggi dovevano spesso difendersi dagli attacchi dei pirati e dunque dovevano poter fuggire in fretta; dall’altra durante le battaglie in mare la rapidità nel movimento era determinante, anche se non bisogna dimenticare che il trabaccolo per la sua conformazione strutturale permetteva il posizionamento di un numero maggiore di cannoni. Le modifiche principali furono: la realizzazione della poppa a specchio, il timone che entrava in coperta, l’accentuazione dello slancio di prua e il cambiamento del piano velico che diventò molto più complesso. Anche il pielago come il trabiccolo subirà nel corso del tempo numerose variazioni che daranno origine a moltissime tipologie di questa imbarcazione.
La lancetta vanta origini civitanovesi, risale alla metà dell’800 e veniva usata in tutto l’Adriatico (soprattutto dal monte Conero a Porto San Giorgio) esclusivamente per la pesca costiera. Appartiene alla stessa famiglia dei dragoni usati a Chioggia e delle paranze usate nel sud Italia; inoltre tutte e tre le tipologie provengono da un antenato comune e cioè la rascona veneziana che era una barca da carico. Rispetto a questa la lancetta subì numerose modifiche nello scafo, nella carena che diventò più piatta, nella poppa e nella prua che invece si mostravano più piene e arrotondate. Questa ultima differenza soprattutto rendeva l’imbarcazione più resistente ma anche più lenta. Gli alberi vennero ridotti da due a uno e di conseguenza l’unica vela rimasta divenne più grande rispetto allo scafo. Della rascona invece mantenne i due classici occhi ai lati della ruota di prua e la vela dipinta con colori vivaci.